CON IL PATROCINIO DEL COMUNE DI BARDOLINO
Monumento eretto nel 1960 dall'allora Presidente Francesco Delaini
a memoria dei caduti di Cisano
1915 - 1918
Azzolini Sante soldato
Bellini Giuseppe soldato
Dalzini Angelo soldato
DelainiLuigi soldato
Delaini Dr. Giovanni capitano
Gelmetti Pietro soldato
Gelmetti Valeriano soldato
Lucchi Luigi soldato
Pachera Luigi soldato
Pasqualini Mario soldato
Peretti Pietro soldato
Pret Luigi soldato
Salvetti Giuseppe soldato
Sancassani Giovanni soldato
Zanetti Vincenzo soldato
Zerbini Augusto soldato
Zucchelli Marcello soldato
1940 - 1945
Barbarani Roberto capitano
Delaini Luigi soldato
Frenoni Giuseppe soldato
Gatto Giuseppe soldato
Morati Giovanni soldato
Righetto Giacomo serg. magg.
Sabaini Vittorio soldato
Salvetti Agostino soldato
Sancassani Giovanni soldato
DISPERSI IN TERRA STRANIERA
Boni Plinio soldato
Buio Mario soldato
Pachera Giovanni soldato
1955
Bellini Filippo soldato
Il primo caduto in guerra in quel periodo fu mio zio Righetto Giacomo, morto in una delle prime battaglie di guerra in Africa Orientale.
Il suo nome è scolpito sul monumento ai caduti di Cisano con i gradi di sergente maggiore degli alpini, e fu per me fin da piccolo vanto conoscere la storia della sua vita. Egli partì volontario come alpino e fu inquadrato nella Divisione alpina Pusteria nel Battaglione “Trento”. Partecipò alla guerra del 1935 per la conquista dell’Etiopia, e il suo Reggimento si distinse in modo egregio, durante la campagna, con la conquista dell’Amba Uork (voce amarica che significa “montagna d’oro”). Quando il nome della montagna conquistata divenne emblematicamente il nome del Battaglione alpino, si mutò in “Uork Amba”, all’uso inglese. Dopo la conquista dell’Etiopia il Battaglione rientrò ad Addis Abeba e partecipò a diversi scontri con truppe abissine che facevano azioni di guerriglia.
Durante la guerra 1940-1941 fu trasferito in autocarro ad Asmara (Eritrea) dove giunse l’8 febbraio 1941. Il Comando dello scacchiere nord lo assegnò in rinforzo alla piazza di Cheren, contro la quale era già in corso l’offensiva della Quarta Divisione anglo - indiana. Il Battaglione “Uork Amba” fu impiegato in battaglia per la conquista di Cima Forcuta, la quale costò al Battaglione la perdita di 80 alpini. Mio zio in quel frangente venne nominato maresciallo sul campo. Egli scrisse una lettera a casa alla mamma Daria dicendo del grado ricevuto. Però questo documento fu smarrito nelle vicende belliche, tanto che mia nonna fece ricerche al Ministero della Difesa per avere questa promozione che non venne mai concessa.
Figlio di Angelo e di Barbara Bertelli, era nato il 25 luglio 1914 a Cisano di Bardolino. Di professione faceva il contadino. Chiamato alle armi il 5 aprile 1935 e inserito nel Sesto Reggimento Alpini nel Battaglione Verona, fece dodici mesi di servizio militare e quindi inviato in congedo. Fu poi richiamato alle armi il 24 agosto 1939 e inserito sempre nel Battaglione Verona.
Tra una licenza straordinaria per semina di sessanta giorni,e altre licenze si arriva al 31 maggio 1940. L’11 giugno 1940 Boni fu inviato sul fronte Alpino Occidentale a combattere contro la Francia. Egli sotto una pioggia incessante marciava verso la Francia attraverso le montagne di La Thuile, e nonostante il freddo egli si lavava assieme ai suoi compagni di reparto nell’acqua gelata nel tentativo fallito di scacciare i pidocchi che lo tormentavano. Insieme con gli alpini del Verona era accampato nella conca del lago Combal. Soffriva il freddo perchè non era adeguatamente protetto dalla sua divisa, di panno autarchico grigioverde. Ai polpacci aveva anacronistiche strisce dello stesso panno della divisa, che fungevano da gambali, le quali, se non erano avvolte con peri- zia, intralciavano il passo e bloccavano la circolazione del sangue.
I suoi scarponi come quelli dei suoi compagni erano di cuoio scadente e rigido, con una pesante chiodatura. In quei combattimenti perirono molti suoi commilitoni. Fortunamente la guerra su quel fronte durò solo quindici giorni.
Il nostro alpino nonostante le fatiche e le privazioni della guerra, ritornò ancora una volta in licenza al suo paese. Ai primi di dicembre, dopo aver usufruito di una licenza di 30 giorni, egli rientrò al Corpo. Stavolta fu assegnato alla 255a compagnia del Battaglione “Val Chiese”, sempre facente parte della Divisione Tridentina. Nella sua compagnia i suoi nuovi commilitoni erano in maggior parte bresciani. Con loro instaurò un bel rapporto di amicizia.
Figlio di Vittorio e di Ambrosi Rosa, nacque il 29 giugno 1912 a Dolcè di Verona ed era nipote del famoso poeta dialettale Berto Barbarani. Il 27 ottobre 1931 all’età di 19 anni egli è assegnato come volontario, allievo Carabiniere a piedi per la ferma di tre anni nella legione di Roma. Il 31 gennaio 1932 è allievo alla Accademia militare di Fanteria e cavalleria in Modena, nell’arma di fanteria. Il 14 ottobre è prosciolto dalla ferma speciale dell’arma dei Carabinieri, per essere stato ammesso al corso ordinario, arma di Fanteria, presso l’Accademia militare di Modena. Nominato sottotenente il 19 ottobre 1934, frequenta il Corso di applicazione. Il 6 gennaio 1936 viene assegnato al Battaglione “Pieve di Teco” del 7° Reggimento Alpini con il grado di tenente, mobilitato per l’Africa Orientale. Imbarcatosi a Napoli il 6 gennaio 1936, sbarca in Eritrea, a Massaua, il 18 gennaio 1936. La guerra per la conquista dell’Etiopia iniziò il 3 ottobre 1935 e si concluse il 9 maggio 1936. Il Battaglione “Pieve di Teco” per la campagna etiopica venne conglobato nella Divisione “Pusteria” nella quale erano stati inglobate le unità dei Battaglioni Feltre, Exilles, Trento, Intra, Saluzzo, Lanzo, Belluno e l’11a Batteria del gruppo Mondovì. La Divisione combatté aspramente le battaglie del Tigrati, dell’Amba Aradam, Mai Dei e dei passi Uarieu e Mecan. Nel periodo dal 19 gennaio 1936 fino alla sua partenza per l’Italia il 10 gennaio 1939, il nostro tenente ebbe molti incarichi a Massaua all’ufficio operazioni ed ebbe modo di approfondire la conoscenza della macchina bellica italiana. In quel periodo nonostante la fine delle ostilità, la guerriglia era più viva che mai, e i nostri reparti erano continuamente sottoposti ad attentati. Il governo militare adottò misure drastiche di dura repressione, ma ciò nonostante vivere in quelle terre era un costante pericolo.
Giuseppe Bellini, figlio di Luigi e di Domenica Cristini, nasce a Cisano il 22 gennaio 1887. Di professione fa il contadino e sa leggere e scrivere. Egli fa la leva nel 6o Reggimento Alpini e nel mese di aprile dell'anno 1907 viene congedato. Richiamato alle armi per mobilitazione con il Regio Decreto del 22 maggio 1915, viene inserito nel 6o Reggimento Alpini, Battaglione Val d'Adige. Giunge in territorio dichiarato in stato di guerra il 7 novembre 1915. Il fronte dove l'alpino Bellini è inserito è il fronte del Piave. Dai suoi compagni d'arma viene a sapere dei grandi combattimenti sostenuti dalla sua Compagnia a quota 912 presso Brentonico, a Doss Casina. Il 2 novembre la sua compagnia si trova trincerata in fase difensiva nella zona di Corona del Bes nei pressi di San Valentino. In quel periodo è impegnato in azioni di pattuglia e di ricognizione. Il 20 novembre in ricognizione con la sua compagnia ha uno scontro con il nemico. Ci sono feriti e morti da ambo le parti. Riesce a sganciarsi dopo aver fatto esplodere le bombe a mano lanciate sugli austriaci. Al Battaglione Verona viene affidato il compito di conquistare Dossalto, una posizione che gli austriaci sfruttano per colpire i nostri soldati. Bellini vede sfilare in ordine sparso i fratelli del Verona, con la baionetta innestata e con le giberne piene di bombe a mano. In prima fila avanzano gli arditi del Battaglione. Fanno impressione vederli così decisi. Dopo un 'ora il combattimento arriva nella fase conclusiva: senza preparazione dell’artiglieria la posizione viene conquistata.
Il soldato Consolini Attilio,figlio di Giovanni e di Boni Giovanna, è nato a Cisano il 24 novembre 1895, e qui egli esercitava il proprio lavoro di contadino con la propria famiglia, non sapeva leggere e scrivere.Aveva terminato il servizio militare il 16 novembre 1914,il 12 gennaio 1915 viene richiamato alle armi e inserito nel 6 rgt.alpini,e per il suo stato di servizio il giorno 15 ottobre 1915 viene promosso caporale.Nel 6 rgt.alpini battaglione Verona egli è inserito nella 73 compagnia e il 24 maggio 1915 prendeva posizione con le altre due compagnie sulle pendici del monte Baldo da cui egli poteva vedere le postazioni austriache di Riva del Garda.Altre truppe alpine si assestavano sul monte Carega e assieme davano una certa sicurezza alla città di Verona,il fronte orientale sembrava lontano,anche se alcune operazioni di guerra interessavano la più vicina Val d'Adige.Egli su quel fronte si sentiva tranquillo,ma una notizia inaspettata arriva da Verona,il 14 novembre 1915 un'incursione aerea austriaca colpisce il cuore della città in piazza Erbe in pieno giorno,con il mercato affollato ,le vittime furono 37 e 48 feriti per la maggior parte civili. Per i nostri alpini vigili sulle montagne lo ritengono un atto indegno,il nostro Caporale pensa alla sua casa a Cisano ed è la prima volta che una città venga violata dal cielo.
Narciso Angelo Dalzini, figlio di Mansueto e di Angela Terruzzi, era nato a Garda il 17 aprile 1883. Di professione faceva il muratore, sapeva leggere e scrivere. Era fratello di mia nonna Daria. Mio padre lo ricordava con simpatia perché assieme andavano spesso in campagna ed egli montava il cavallo che possedevano. Era stato congedato il 4 luglio 1903, dopo aver prestato il servizio militare obbligatorio. Richiamato alle armi per mobilitazione col regio decreto 22 maggio 1915, il giorno 13 luglio 1916 giunge in territorio dichiarato in stato di guerra ed è inserito nel Battaglione Cividale dell'ottavo Reggimento Alpini. Il suo Battaglione nell'aprile giugno 1916 aveva combattuto sull'Altipiano di Asiago dopo aver combattuto in precedenza sul fronte del medio Isonzo e in particolare modo sul Monte Nero. L'alpino Dalzini, come detto, arriva il 13 luglio nel suo nuovo reparto, che avendo subito gravi perdite durante la Strafexpedition, aveva bisogno di colmare i vuoti. Egli viene a sapere dai suoi nuovi commilitoni delle grandi battaglie sostenute sui monti Zovetto, Lemerle, Cengio, e, più a nord, sulle Melette di Gallio e Foza nelle quali a stento i nostri soldati erano riusciti a fermare gli austriaci con costi altissimi di morti e feriti. Per fortuna sul fronte russo c’era stata la rottura del fronte e gli austroungarici erano stati costretti a fermarsi e arretrare in posizioni più difendibili.
Giovanni Delaini, nato a Verona il 27 gennaio 1883, risiede a Cisano. Di professione è dottore in farmacia. In paese è conosciuto come “il farmacista”. È una persona molto espansiva e gioviale con la gente del paese. Ha 32 anni quando viene richiamato alle armi nell'anno 1915. Con il grado di capitano di complemento viene inserito nel 142- Reggimento Fanteria della Brigata Catanzaro. Con il suo Reggimento parte per il fronte il 7 giugno, dalla sede di Catanzaro e raggiunge per ferrovia Udine. Il 12 giugno si trova dislocato con il suo reparto fra Zugliano e Gerenzano alle dipendenze della 28a Divisione. Il 23 giugno si sposta a Borgnano, l'11 luglio a San Nicolò di Ruda, un paesino che si trova all'incrocio tra due importanti strade, l’una che collega Aquileia ai guadi del Torre in direzione di Cividale e l’altra che permette il passo di barca sull'Isonzo. Il Delaini con il suo reparto è ormai vicino al fronte, dalla sua posizione vede i nostri reparti combattere con accanimento sulle montagne verso Monte 6 Busi. I nostri numerosi assalti s'infrangono contro le postazioni nemiche. Verso sera una fila interminabile di feriti doloranti sfila vicino al suo reparto per portarsi all'ospedale da campo. I suoi soldati sono alquanto scossi. Egli cerca di rianimarli, ma in cuore suo pensa che sarà dura. Arriva improvviso l'ordine di sostituire i Reggimenti 32o e 48 o e portarsi nelle posizioni da loro tenute. Il suo Reggimento, il 142o, collocato nella parte centrale dello schieramento, il giorno 26 luglio inizia l'attacco alle posizioni nemiche, riuscendo a conquistare alcune posizioni. Alle altre unità viene dato l’ordine d'inserirsi attraverso i varchi aperti e di consolidare le posizioni conquistate.
Pachera Luigi,figlio di Bernardo e di Bertoldi Maria, nasce a Cisano il 9 ottobre 1881,di professione contadino sa leggere e scrivere,una rarità per quei tempi.Il servizio di leva lo fa a Verona presso il 4 reggimento fanteria ,il 20 giugno 1901 viene messo in congedo,e gli viene concessa la dichiarazione di buona condotta.A 34 anni viene richiamato alle armi,per la dichiarazione di guerra dell'Italia nei confronti dell'impero austroungarico, è l'8 maggio 1915, quando giunge all'82 battaglione di milizia territoriale non sa ancora che il 24 maggio sarà l'inizio di una terribile guerra ,egli pensa ancora in cuore suo che questo suo impegno di soldato serva a liberare Trento e Trieste dalla tirrania dell'Austria,ma non sa che questi soldati coraggiosi andranno incontro al loro destino con risoluto e generoso coraggio.
Mario Pasqualini, figlio di Modesto e di Lorenzini Angela, nasce a Cisano l'8 dicembre 1893. Alla visita di leva a Verona viene classificato “rivedibile”, e inviato in congedo, in attesa del congedamento del fratello Giuseppe della classe 1892. Viene chiamato alle armi per mobilitazione con il regio decreto del 22 maggio 1915. L'11 giugno 1915 viene inserito nel 72 Reggimento Fanteria e poi trasferito all'87 Reggimento Fanteria su ordine del comando della Terza Armata l'11 ottobre 1915. Il suo Reggimento, assieme al'88, fa parte della Fanteria della Brigata Friuli, che si è già fatta onore nella guerra italo- turca per la conquista della Libia nell'anno 1911-1912. Composta principalmente da militari del nord Italia, soprattutto di Verona, Bergamo, Treviso e Torino. Il reparto del Pasqualini si trova alla fine di maggio a Palmanova alle dipendenze della 16 Divisione. Il 20 agosto 1915 è impegnato in prima linea nel settore di Monfalcone. Fino ai primi giorni di ottobre si avvicenda con altri reparti nella difesa del fronte. Le operazioni sono le solite: egli esce di pattuglia, affronta qualche breve scontro senza conseguenze particolari. Può scrivere a casa, ed è abbastanza fiducioso che la guerra finisca in fretta. Il 12 ottobre il suo battaglione, rimasto in prima linea, è soggetto a un poderoso bombardamento, che provoca morti e feriti e che sconvolge le trincee. I reparti nemici attaccano proprio difronte alla sua compagnia, però egli con i suoi compagni resiste agli assalti e contrattacca mettendo in fuga il nemico. Tanti compagni sono feriti e morti, ma i superstiti sono fieri di aver resistito agli assalti del nemico.
Luigi Pret figlio di Antonio e di Pietropolli Regina, nato a Caprino Veronese il 24 marzo 1884,
risiedeva a Cisano in località “Seve”. Alla visita di leva viene fatto rivedibile per debolezza di
costituzione.
Richiamato l'anno successivo, è dichiarato idoneo e inserito il 23 settembre 1905 nel 39°
Reggimento Fanteria. Il 10 settembre 1907 viene mandato in congedo, con una dichiarazione
attestante che ha tenuto buona condotta e servito con fedeltà e onore.
Il 12 agosto 1912, richiamato alle armi per aggiornamento, non può ottemperare alle disposizioni
perché si trova all'estero per lavoro con regolare passaporto.
Chiamato alle armi per istruzione l'anno dopo egli si presenta l'11 luglio 1913. Viene quindi
mandato in congedo l'8 agosto 1913.
Chiamato alle armi per mobilitazione con il regio decreto del 22 maggio 1915, giunge il 31 agosto
1915 in territorio dichiarato in stato di guerra. Inserito nel 162° Reggimento Fanteria, che fa parte
della Brigata Ivrea, appena costituita e composta oltre dal 162° anche del 161° Reggimento.
La Brigata Ivrea, alle dipendenze della 34a Divisione, fin dal 26 maggio 1915 era dislocata
sull'Altipiano di Asiago. Il 30 maggio aveva ricevuto l'ordine di attaccare le posizioni austriache al
passo di Vezzena, Bosco del Marcai e Costesin. Si andava all'assalto con poca protezione di
artiglieria. I nostri fanti, con estremo coraggio obbediscono agli ordini. Arrivano fino ai reticolati
nemici, tentano con cesoie di aprirsi un passaggio, ma gli austriaci dall'alto sparano senza sosta.
I capisaldi nemici sono più volte conquistati, ma altrettante volte sono perduti a causa del continuo
tiro della artiglieria avversaria.
Vittorino Pasqualini, nato il 28 maggio 1899 a Cisano di Bardolino, figlio di Vito e di Margherita viola, di professione faceva il carrettiere. Sapeva leggere e scrivere e risiedeva a Cisano. Arruolato nel servizio di leva il 4 maggio 1917 come soldato di prima categoria, all'età di 18 anni, dopo un brevissimo addestramento, il 13 novembre 1917 si trova in linea inserito nel 23º Reggimento Fanteria, facente parte, assieme al 24º reggimento, della brigata Como.
È uno di quei ragazzi del 99 che, buttati nella mischia dopo la ritirata di Caporetto, nonostante l'età e la poca esperienza, se però con il loro coraggio risollevare le sorti della guerra e che sul Piave, fiume sacro della patria, s'immolarono con abnegazione fermando il nemico e contrattaccando. L'idea di colpire duramente l'Italia, in modo da farlo uscire dal conflitto, era un chiodo fisso per il vecchio maresciallo Franz Conrad, Capo di Stato maggiore austriaco ideatore della Strafexpedition.
Egli aveva capito che impadronirsi del fronte dell'Isonzo era la chiave di volta per risolvere in suo favore la guerra contro gli italiani. Qui si erano combattute 11 battaglie sanguinosissime che avevano provocato migliaia di morti in entrambi i contendenti. Nel settembre 1917 gli austriaci per fermare gli attacchi italiani avevano subito così forti perdite ed erano così provati che dubitavano di poter sostenere con successo un 12º attacco sull'Isonzo. Il problema aveva due soluzioni: o la Pace o una controffensiva. Dopo qualche inutile approccio diplomatico segreto tra Vienna e Roma, nel comando austriaco prevalse la tesi della controffensiva, perché il crollo della Russia aveva reso disponibili parecchie divisioni, molto addestrate e preparate la guerra. Il comando tedesco decise di sferrare l'attacco nella zona di Tolmino dove si ammassavano in gran segreto divisioni germaniche e austro-ungariche.
Gelmetti Valeriano morto il 12 ottobre 1918
Valeriano Gelmetti nasce a Cisano in località Casetto il 26 marzo 1897. Figlio di Angelo e di Rossi
Cristina, di professione fa il contadino e con la sua famiglia lavora in mezzadria i campi della
famiglia Marchetti di Firenze che a Cisano erano fra i più importanti proprietari terrieri.
Valeriano sa leggere e scrivere, e alla visita di leva per la sua statura m.1,72 e per la sua struttura
fisica (torace m.0,86) viene inserito nel reparto alpino come soldato di prima categoria.
Egli ha 19 anni quando nel 1916 viene chiamato alle armi. Il 26 settembre si trova in territorio
dichiarato in stato di guerra inserito nel glorioso 6o Reggimento Alpini che sta combattendo sulla
dorsale dell'Ortigara, attorno alla cui alla cima si vedevano i tanti corpi dei valorosi alpini colpiti
dalla morte.
La giovane recluta, sconvolto da questa terrificante visione, è redarguita dai veterani che gli
insegnano che se vuol sopravvivere deve imparare in fretta a convivere con la morte. Gli spiegano
come conoscere e distinguere i proiettili in arrivo, di quale calibro sono, a quale distanza possono
deflagrare, se si tratta della famosa mitragliatrice “Schwarzlose” austriaca che tante perdite aveva
procurato fra gli alpini che andavano all'assalto. Valeriano Gelmetti già ai primi di ottobre si trova in prima linea vicino alla quota Caldiera, da dove
erano scesi i pochi superstiti alpini che erano andati eroicamente all'assalto. Vede passare in testa il
sottotenente Giovanni Fincato di Verona con i pochi alpini rimasti della sua compagnia, i quali,
mentre si dissetano dalle borracce che le giovani reclute tendono con timidezza, raccontano come
hanno dapprima conquistato e poi perduta la posizione austriaca. Un alpino ha le mani interamente
bruciate, perché nella posizione conquistata aveva stretto la canna di una mitragliatrice
“Schwarzlose” per portarla con sé, ma essa aveva così tanto sparato da avere il tubo fumante per
l’alta temperatura.
Attività di organizzazione con fini culturali e ricreativi
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